Stefania Sergi

il Respiro dell'Arte

Intervista per Antas

 di Giovanna Tedde

Dalla sua biografia artistica emerge fortissimo il legame con la Sardegna, culla della sua creatività.

Puó essere definita come il “motore immobile” della sua arte?

In che misura ingerisce il rapporto con l’Isola nelle sue opere?

Ho lasciato lamia terra natia a diciotto anni, oltre i navigli cercavo forse il senso del mio fare. Dopo tanti anni mi sono resa conto che nelle mie opere avevo racchiuso quella donna bambina che gioca con i sassi, che parla alla luna, che abbraccia gli alberi. Qui in toscana, mi chiamano la sarda. Questo naturalmente mi fa sorridere, mi piace, anche se ho vissuto tanti anni all’ estero, mi sento sarda sino infondo. Appartengo a un popolo che ha una chiara identità e storia con radici profonde, è un punto di forza nella mia arte, anche se non è questo il mio intento il legame si mostra, poi chiaramente attraverso la poesia e la creazione mi lego a tutto ciò che incontro, e la mia storia diviene un insieme di patrimoni. Incantos, la mia ultima opera, di cui è appena uscita una monografia, rimanda col suo nome al quel mondo, è una dea madre, una Kore contemporanea,ma racchiude a livello simbolico altri richiami e significati.Diciamo che mi viene spontaneo vivere la mia sardità e mi piace farla incontrare a chi non la conosce.

Se dovesse definire con una parola la sua dote di artista, quale sarebbe?

Non amo le definizioni, e gli “ismi”, ma se devo, forse la curiosità, o il termine “die Suchende”, con insaziabile interesse verso la vita. Trale righe della critica nazionale ed internazionale emerge un’intrinseco portato di sintesi della sua arte. Filosoficamente potrebbe rapportarsi al triadico movimento hegeliano di tesi,antitesi e sintesi. Emerge dunque lo studio della realtà (tesi), la frattura di quest’ultima che si instaura nel momento della creazione(antitesi) ed il finale risultato che è un plasmarsi di realtà e immaginazione in una “sintesi” che tutto contiene.

Ci sono in questo senso delle opere che meglio rappresentano questo movimento di “decostruzione” e “ricostruzione”?

Quando lavoro, mi obbligo a superare i miei schemi interpretativi, provo a non farmi condizionare da stereotipi e pregiudizi, riparto sempre dal mio zero. Di solito l’opera nasce quando sono pronta a raccontare una nuova storia. La realtà è quella che è, non posso fratturarla, provo altresì a trasformarla, un urlo è sempre un urlo, un albero resta sempre un albero, ma posso metaforicamente allargarne il senso e provare a rivelare ciò che in realtà non mostra. Forse, l’opera Legami Slegami arriva a questa sintesi, perché l’impegno sul filo appartiene al mio lavoro di anime erranti, provo a cercare un legame umano, spaziale, temporale, che ci leghi alle persone, e che ci iberi nello stesso tempo. Così se questo legame non avviene come noi desideriamo, resta appesa sulla nostra anima il nodo insoluto. E’il conflitto, quindi, tra il desiderio di legarci e di slegarci. E’il filo della vita che ci indica la via, apparentemente, contraddittoria di libertà o solitudine. Il legame con gli altri, al nostro kairos, alle nostre terre. Tuttavia, dall’unione di più fili dentro e fuori, dal loro intricarsi sono generati nodi, la cui presenza sulla corda tirata, influenza tutto il corpo cui, il filo si lega, trasformando l’eventuale rottura in legame; in eguale maniera i legami che continuiamo a creare nella vita, ci rafforzano e ci formano eternamente.

Come nasce un’opera di Stefania Sergi?

C’è un percorso preciso nella creazione di una scultura o una pittura?

L’opera non nasce nel momento in cui penso di realizzarla, nasce prima, l’idea metafisica è chiara, poi quando l’ispirazione è giusta, ricerco i materiali per crearla, e il connubio d’idee e ciò che si ha disposizione crea a volte l’impossibile manifestando sempre una nuova realtà. Spesso, con indulgenza, come una specie di carezza che mi regalo, come il vento che sveglia all’improvviso e ti leva la polvere di dosso, inizio così. Devo farlo e niente di più, non si può spiegare tutto, so solo che attraverso la creazione vivo la mia sincerità e sento quella delle persone attorno a me. Di solito prima di iniziare un lavoro sento il desiderio di instaurare un dialogo con la natura, guardando gli alberi, per esempio, riesco a percepire la mia vera identità, la mia vera immagine dell’umanità, della vita, della sua bellezza. Ecco quando dialogo con la natura, la mia vita si espande e percepisco di esserne tutt’uno. Incantos è nata quando ho provato con il mio corpo, in una performance a legarmi con dei fili agli alberi, alla terra, alle case. Ho testato su di me con la mia vita, attraverso le linee dei miei confini, impedimenti, dolori, lutti, conflitti, trasformando poi in una nascita spirituale, in una nuova visione, il suo bianco rappresenta concretamente questo. Desideravo dire qualcosa e non sapevo come dirlo. Un giorno, mentre mi trovavo a passeggiare su una costa di Follonica, una pietra con tutti i suoi filamenti millenari, mi ha suggerito l’ispirazione. Una specie di tessuto in trame, sembrava l’ideale, come manto dell’anima, un intreccio di fili e nodi per comporre ciò che sarebbe divenuto la seconda pelle dell’opera. Ecco un po’ così non so se ho reso l’idea.

Quale tecnica o artista la ispira e sente vicina/o al suo modo di vivere e fare arte?

Sono una creativa errante e autodidatta, per cui ho dovuto attraversare da sola tutte le fasi della sperimentazione. La necessità di provare quasi tutti i materiali e incontrare diverse culture, mi ha concesso la libertà di passare tranquillamente, spinta anche dalle vicissitudini e soggiorni all’ estero, dalla pittura, alla scultura,al murale, alla body art, alle installazioni e performance. L’ultima fase dei lavori sono il frutto di una ricerca continua tra poesia e arti visive, tutto intessuto dal vero filo conduttore, ovvero veri fili che intreccio e slego. Ho dentro di me l’impronta delle grandi monografie di Leonardo da Vinci, del G.Bernini, di Camille Claudell, ci sono poi artiste come Louise Bourgeois e Kiki Smith. Ma, Maria Lai, per l’umana e straordinaria capacità di trasformare il sogno in opera concreta, col suo dolce invito a giocare seriamente mi ha spinto a ricercare sempre più infondo.

Nuoro 21.07.2014 Stefania Sergi

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