Sull’onda emotiva suscitata dal bolscevismo in Russia, la direzione del PSI passò all’ala massimalista rivoluzionaria, guidati da Giacinto Menotti Serrati (1919). In quell’anno i lavoratori iniziarono un’ondata di scioperi contro il carovita che culminò, in estate, in saccheggi diffusi e nell’occupazione delle terre incolte del Meridione da parte dei contadini. Nel 1920 gravi episodi di protesta si verificarono nelle fabbriche. Dopo il rifiuto dei proprietari di concedere aumenti salariali, i metallurgici (aderenti al sindacato FIOM) occuparono gli stabilimenti (30 agosto). I presupposti per avviare la rivoluzione proletaria c’erano, ma i socialisti, di concerto con i sindacati, non si assunsero la responsabilità di innescare il processo. Fu così che il presidente del consiglio Giolitti risolse la situazione proponendo un piano di “controllo operaio” sulle aziende: progetto approvato, ma mai attuato.