A partire dal 1926 furono soppressi i giornali antifascisti, sciolti i partiti, vietato lo sciopero e riconosciuto il solo sindacato fascista; furono anche istituite apposite località di confino per gli oppositori. I parlamentari non fascisti vennero privati del mandato. Fu anche creata una polizia politica (OVRA, Opera Vigilanza e Repressione Antifascismo) e istituito un tribunale speciale per la difesa dello Stato, con esponenti della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN) come collegio giudicante. Fu restaurata la pena di morte.

Il consolidamento del regime e la creazione dello Stato totalitario non comportarono l’annullamento dello Statuto albertino, che formalmente rimase in vigore, bensì un progressivo svuotamento delle funzioni del Parlamento: il capo del governo rispondeva del suo operato esclusiva- mente al re e il potere legislativo era esercitato di norma dal governo.

Mussolini accentuò la struttura autoritaria delle istituzioni emarginando anche i “ras” fascisti e gli squadristi della pri- ma ora e riducendo il ruolo politico del Partito Nazionale Fascista.

La società civile fu controllata in ogni sua manifestazione e le forme di opposizione drasticamente represse, anche se, con il passare del tempo e il con il consolidamento del regime crebbe in modo significativo il consenso, mobilitato da un amplissimo ed efficiente apparato di propaganda.

La soluzione dell’annosa questione romana attraverso i Patti Lateranensi (firmati l’11 febbraio 1929, riconoscevano alla Santa Sede lo Stato della Città del Vaticano, regolavano i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa e stabilivano una convenzione finanziaria) avvicinò al fascismo molti catto- lici, anche se i rapporti con la Santa Sede furono spesso difficili.

Il Corporativismo

Il corporativismo è una dottrina che si propone di organizzare la collettività attraverso associazioni rappresentative degli interessi professionali (corporazioni) e di eliminare, attenuare o neutralizzare per mezzo dell’intervento dello Stato i conflitti sociali. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX si era sviluppato un corporativismo di ispirazione cattolica, caratterizzato da un forte spirito solidarista e interclassista e da un fonda- mentale rifiuto dell’individualismo delle dottrine liberali.

Tra gli anni ’20 e ’40, all’interno del regime fascista si affermò invece un corporativismo “dirigista”, i cui principi generali vennero enunciati nel 1927 dalla Carta del lavoro e istituzionalizzati tra il 1934, con la creazione delle corporazioni (che raggruppavano imprenditori e lavoratori delle diverse categorie), e il 1939, con l’istituzione della camera dei Fasci e del- le corporazioni. Il corporativismo fascista fornì l’esempio (opposto a quello della tradizione cattolica, secondo cui rappresentava potenzialmente una forma di anti-Stato) di associazioni professionali strettamente subordinate allo Stato e capaci al tempo stesso di farsi strumento di controllo politico.

La politica economica
In economia, al liberismo durato fino al 1925 successe l’interventismo statale a sostegno dell’industria. Nel 1927 venne rivalutata la lira (fu fissata a quota 90 la parità con una sterlina) e dopo la crisi del 1929 si avviarono grandi opere pubbliche. Per sostenere le imprese nacquero l’Istituto Mobiliare Italiano (IMI, 1931,) e l’Istituto di Rico- struzione Industriale (IRI 1933). Dal 1934 fu avviata una politica economica autarchica, tesa a raggiungere una crescente indipendenza rispetto all’estero, riducendo le importazioni e aumentando le esportazioni.
L’ideologia fascista si consolidò in senso nazionalista, corporativo, ma anche ruralista e familista (con piani di boni- fica e una politica di espansione demografica): nell’esaltazione della novità dell’uomo fascista e della sua sintesi vitale attivista e volitiva furono così travasati i valori tradi- zionali della società borghese.

I primi passi in politica estera
Nel corso degli anni ’20 Mussolini perseguì una politica estera piuttosto cauta e di impostazione filobritannica. Nel 1924 il Patto di Roma con la Iugoslavia portò Fiume all’Italia mentre nel 1927 Mussolini impose sull’Albania una sorta di protettorato politico-economico.
Tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30 l’Italia avviò un’azione diplomatica antifrancese nell’area danubiano- balcanica, appoggiando il revisionismo di Austria e Ungheria (sfociato nel 1934 nel cosiddetto Patto a Tre).