Letteratura medievale Testi

Chi è questa che vèn di Cavalcanti

Sonetto tra i più celebri di Cavalcanti, in cui la lode della bellezza della donna amata si accompagna alla dichiarazione di impotenza da parte del poeta nel descriverla appieno, data la natura angelica e trascendente della figura femminile e la sproporzione rispetto alle limitate capacità umane dello scrittore. La bellezza della donna-angelo è tale che ogni uomo al solo guardarla rimane ammutolito, mentre la sua virtù più importante è l’umiltà, che la rende paradossalmente superiore a tutte le altre donne. L’amore diventa esperienza religiosa e quasi mistica, anticipando tra l’altro il tema dell’ineffabilità della bellezza che sarà ripreso soprattutto da Dante, tanto nella “Vita nuova” quanto (su un piano più elevato) nel “Paradiso”. 

Metro

Sonetto con schema della rima regolare (ABBA, ABBA, CDE, EDC), senza la presenza di rime siciliane.

La lingua presenta alcuni latinismi (“âre”, v. 2; “seco”, v. 3) e provenzalismi (“piagenza”, v. 9; “canoscenza”, v. 14), con uno stile alquanto semplice e conforme al trobar leu proprio dello Stilnovo.

Testo

Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,
che fa tremar di chiaritate l’âre
e mena seco Amor, sì che parlare
null’omo pote, ma ciascun sospira?

O Deo, che sembra quando li occhi gira!
dical’ Amor, ch’i’ nol savria contare:
cotanto d’umiltà donna mi pare,
ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira.

Non si poria contar la sua piagenza,
ch’a le’ s’inchin’ ogni gentil vertute,
e la beltate per sua dea la mostra.

Non fu sì alta già la mente nostra
e non si pose ’n noi tanta salute,
che propiamente n’aviàn canoscenza.

Parafrasi

Chi è questa donna che arriva, che ognuno ammira e che fa tremare l’aria di luminosità, e che porta con sé l’amore, cosicché nessuno può parlare ma ognuno sospira?

O Dio, che cosa sembra quando muove gli occhi! Lo dica l’amore, poiché io non lo saprei descrivere: mi sembra una donna talmente umile che ogni altra donna, al suo confronto, io la definisco malvagia.

La sua bellezza non si potrebbe raccontare, poiché a lei si inchina ogni virtù nobile e la bellezza la indica come sua dea.


La nostra mente non è mai stata così profonda e in noi non c’è mai stata tanta perfezione, che possiamo avere una conoscenza compiuta di questa bellezza.

 Commento

  • Il sonetto celebra la bellezza della donna amata, tuttavia arricchisce il tema con riferimenti religiosi e scritturali secondo il modello di Guinizelli e, soprattutto, sviluppa il motivo dell’ineffabilità della bellezza femminile, espressione della grazia divina e dunque impossibile da cogliere per la mente umana e da esprimere per i limitati mezzi umani del poeta: fin dall’inizio l’atmosfera del componimento è mistica, con l’incipit che ricorda il Cantico dei Cantici (8,5: quae est ista quae ascendit de deserto / deliciis affluens et nixa super dilectum suum?, “Chi è costei che sale dal deserto, / piena di delizie e appoggiata al suo diletto”?), mentre la donna è circonfusa di luce come un’aureola, che fa ammutolire tutti coloro che la guardano; essa è umile più di qualunque altra donna e ciò la rende paradossalmente superiore a tutte, mentre la bellezza la indica come propria dea, come creatura sovrumana. L’incapacità di cogliere pienamente la bellezza della donna è di tipo filosofico, poiché la mente umana sembra inadeguata a penetrare sino in fondo a un mistero che proviene dalla grazia divina, perciò l’amore diventa un’esperienza affine al misticismo medievale, troppo profonda per essere espressa a parole. Alcuni studiosi hanno visto in questi versi dei riferimenti alla dottrina dell’averroismo, di cui forse Cavalcanti era seguace, mentre è noto che l’uomo fu dedito a studi filosofici e come tale anche rappresentato in altri testi letterari, per es. nel Decameron di Boccaccio.
  • Il motivo della bellezza “sovrumana” della donna e dell’incapacità poetica di esprimerla pienamente sarà ripreso anche da Dante, amico di Guido e suo compagno di scuola nell’ambito dello Stilnovo, sia in alcune rime della Vita nuova in cui all’apparire di Beatrice i presenti restano senza parole, sia soprattutto nella poesia del Paradiso, in cui il tema dell’ineffabilità della bellezza di Beatrice e della visione divina sarà dominante in tutta la Cantica ed è largamente derivato dal modello di Cavalcanti.

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